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La crisi della panificazione sconvolge le mummie

Mentre i consumi di pane declinano in modo accertato e consistente, il pane stesso è oggetto di campagne denigratorie

Nel momento in cui la crisi della panificazione italiana, denunciata da Fiesa Assopanificatori Confesercenti e Assipan Confcommercio con puntualità di cifre e circostanze, approda nelle aule parlamentari con interrogazioni al Governo sugli impegni che intende prendere per la tutela e lo sviluppo delle attività di panificazione, una nota e storica associazione di categoria, non trova niente di meglio che dissociarsi in modo chiassoso e volgare dalla denuncia, volendo sostenere che va tutto bene. E lo fa con comunicati che – per fortuna – nessuno riprende e con una nota alle istituzioni il cui risultato sarà nel migliore dei casi un autogol clamoroso nella rete delle imprese di panificazione.

Mentre i consumi di pane declinano in modo accertato e consistente, il pane stesso è oggetto di campagne denigratorie, molti panifici sono costretti a chiudere ( cfr Comunicato stampa Fiesa Assopanificatori Assipan Confcommercio sempre su www.fiesa.it e www.assopanificatori.it ) per la concorrenza sleale delle produzioni estere, per l’abusivismo, per la concorrenza sleale della GDO e per l’aumento dei costi di gestione ( si pensi solo agli affitti nelle città) e di produzione e per l’enorme pressione fiscale accompagnata da sempre nuovi oneri, quell’ associazione, incapace di promuovere un’ azione politica e sindacale a difesa della categoria non riesce a fare niente di meglio che negare tutto ciò, a dimostrazione della lontananza del proprio  gruppo dirigente dalla realtà di una base associativa che si confronta tutti i giorni con i problemi della concorrenza sleale e dell’abuso di posizione dominante dei grandi gruppi, con le difficoltà burocratiche e il peso di gestioni sempre più costose.

Fuori dalle Confederazioni e dai grandi circuiti istituzionali, chiusi nella ridotta neocorporativa di un presente mummificato e alle prese con i fantasmi di un passato glorioso e con le notti insonni di qualcuno, la suddetta nota Associazione, maggiormente rappresentativa in FVG, rischia di scambiare fischi per fiaschi e di sproloquiare. Arrecando nuovi danni innanzitutto a sé stessa, oltre quelli già realizzati e sotto gli di tutti. Arrivando a negare i problemi e a mistificare la storia su un giornale che meriterebbe un ben altro presente.

Il merito indubbio di Assipan che ha portato l’Antitrust a condannare la GDO sulla resa del pane, diventa un demerito o un’appropriazione indebita. L’iniziativa di Fiesa Assopanificatori Confesercenti- che organizzò e ospitò nella propria sede il primo incontro tra l’on. Romanini e le rappresentanze delle Associazioni- per declinare finalmente in una legge le definizioni di pane fresco, pane conservato e panificio, a presidio della qualità artigiana, realizzatasi con una PDL appravata dalla Camera allo scadere della scorsa legislatura e attualmente al Senato della Repubblica, assume una nuova progenitura.  Allo stesso modo, sulla consumazione sul posto, che è la nuova frontiera delle attività di panificazione, prodotti da forno e di produzioni alimentari artigianali, la suddetta blasonata associazione, oggi maggiormente rappresentativa in FVG, commette un falso storico. Ignorando che la consumazione sul posto fu per la prima volta acconsentita all’interno del decreto Bersani 114 del 1998, art 7, su espressa formulazione di Fiesa Confesercenti che sull’argomento ha lungamente- e in solitario- combattuto e non fece la sua comparsa con il d.l. 223 del 2006 che invece la estese per analogia alle attività di panificazione, su espressa richiesta ancora una volta di Fiesa Confesercenti, come facilmente dimostrabile dalla corrispondenza istituzionale e dalle prese di posizioni ufficiali. Di più: quella norma fu strenuamente ostacolata, tanto che Fiesa Confesercenti, e non altri, furono impegnati in una battaglia che dura ancora oggi, anche nelle aule dei tribunali. La recente sentenza del Consiglio di Stato, che elimina il divieto di abbinamento delle sedute e dei piani d’appoggio, è stata ottenuta su ricorso promosso da associati di Fiesa Confesercenti e da quest’ultima sostenuti. Questi sono i fatti. Inoltre, in nessuna delle audizioni parlamentari cui congiuntamente le Associazioni hanno partecipato, la nota Associazione maggiormente rappresentativa in FVG ha mai neppure sottolineato l’importanza della somministrazione non assistita. Ora si rivendica una battaglia mai combattuta.

Di falso in falso, a rinfrescare la memoria dei nostri eroi solitari sull’impegno di Fiesa Assopanificatori nel settore bisognerebbe partire dal 1963 anno in cui i nostri  panificatori confluiscono in Uncic per poi confluire nel 1971 in Confesercenti e in  Fiesa. Già sul finire degli anni 70 il gruppo panificatori di Fiesa anima dibattiti e proteste e all’inizio del 1980 troviamo il CCNL per i dipendenti da aziende di panificazione nonché da negozi di vendita al minuto di pane, generi alimentari e vari del 23 aprile 1980 (Decorrenza: 1º maggio 1980 – Scadenza: 31 dicembre 1982) stipulato tra Federazione italiana panificatori, panificatori-pasticceri e affini, Sindacato nazionale panificatori aderente alla FIESA-Confesercenti e Federazione italiana lavoratori industrie alimentari FILIA (FILZIAT-CGIL, FULPIA-CISL, UILIAS-UIL). Ricordiamo poi ai nostri amici di viaggio un pò maleducati e smemorati, o semplicemente ignoranti, che quando il prezzo del pane venne liberalizzato e sganciato dal Cip, poi Cipe, al tavolo ministeriale, in quel marzo del 1993, con il Ministro Guarino, oltre al grande Presidente Antonio Marinoni, c’era il Presidente Fiesa Assopanificatori Valentino Salani ad assicurare il Ministero che la liberalizzazione non avrebbe comportato aumenti del prezzo.

Ma tant’è. Chi non ha memoria non ha futuro.

Gli insulti, le urla inconsulte, le critiche speciose e fine a se stesse, la negazione della realtà, appartengono ad un’altra sfera dell’agire che in genere è affidata ai servizi pubblici e non a quella dell’azione politica e sindacale che è propria di Fiesa Confesercenti.

Gli sproloqui, le bugie, il vantare meriti improbabili, sono la cifra qualificativa di chi non ha più argomenti e non ha più niente da dire e scambia l’invettiva per una forma di sopravvivenza associativa.

Così come le ripicche ai tavoli sindacali, la pretesa assurda di ritenersi depositari di  verità assolute, la rottura del fronte datoriale, le critiche senza costrutto agli strumenti discendenti dalla contrattazione non giovano alla categoria che rischia di pagare un caro prezzo alle bizzarrie.

Le imprese, invece, tutti i giorni si confrontano in modo serio con gli enormi problemi denunciati da Fiesa Assopanificatori e Assipan Confcommercio e rilanciati dai principali attori della filiera come Italmopa, dai media e da alcuni parlamentari e da tante associazioni territoriali rappresentative dei panificatori. Una crisi conclamata persino dalla letteratura di settore. Alle imprese cerchiamo di dare risposte concrete che possono arrivare da una presa d’atto delle istituzioni sulle reali attuali difficoltà, con il conseguente varo di misure finalizzate al sostegno e al rilancio della panificazione italiana. Questo si chiede. Questo si vuole.

A fronte di ciò, i panificatori italiani che tutti i giorni e tutte le notti sfornano il pane del buon mattino sapranno giudicare. Meglio, molto meglio di chi è abituato al soliloquio.