L’emergenza coronavirus sta avendo un impatto fortissimo su tutto il sistema paese
Come un potente uragano sta mettendo in ginocchio l’economia dopo aver seminato fortissime preoccupazioni e allerta in tutti gli strati della popolazione.
Particolarmente colpiti i settori della filiera del turismo e della distribuzione. Centinaia di milioni di mancato incasso per bar e ristoranti; altrettanti per agenzie a hotel: solo nelle sei regioni. Ma lo tsunami Coronavirus si abbatte su tutto il territorio nazionale e sul made in Italy e i danni presumibilmente ammontano già a qualche miliardo di euro. Il tutto in una decina di giorni.
Se l’emergenza si protrae il paese- già in ginocchio- rischia il tracollo.
In questa emergenza una lezione il paese e la classe dirigente debbono però trarla e deriva dalle misure che sono state adottate. Misure di cautela, di prevenzione, di prudenza consigliata ad ogni piè sospinto. A contenere gli spostamenti, a tenersi lontani dai luoghi affollati, alla massima attenzione alla sicurezza igienica e sanitaria.
Queste misure sono attuabili se il paese è attrezzato, se ha una struttura socio economica plurale, capace di aderire alla morfologia civile e culturale, sociologica. Ciò non sarebbe stato possibile se l’ avessimo consegnato ad un mono modello di stampo liberista ed oligopolistico, tutto fondato sui grandi gruppi. Per fortuna l’Italia ancora conserva una pluralità di attività e di strutture economiche, produttive e distributive, sociali, culturali e sanitarie in grado di scattare e rispondere all’emergenza.
Succede in campo economico dove la struttura del paese è, per fortuna e nonostante tutto, ancora in prevalenza segnata dalla presenza di MPMI, in campo sociale con l’altissima diffusione di centri di aggregazione e partecipazione sociale, in quello culturale con un numero impressionante di associazioni, enti, fondazioni, teatri, e in quello sanitario con un sistema pubblico di sicurezza e assistenza e presidi di alto livello. Il tutto con al centro il nucleo della società italiana costituito dalla famiglia e dalle relazioni discendenti: un tutto che ammortizza le tensioni e i problemi ed esalta lo spirito unitario.
Senza questo apparato oggi saremmo davvero in una emergenza drammatica.
Si è detto della pluralità imprenditoriale che è poi un tratto saliente della democrazia economica.
In questi giorni assai difficili è tornata di grande attualità e di interesse l’esercizio commerciale di vicinato, di prossimità; a cui rivolgersi per i beni di prima necessità, quelli alimentari, dei prodotti freschi da acquistare senza spostarsi troppo da casa, in modo facile e veloce, in sicurezza e senza accalcamenti. Questi esercizi- e non solo essi- hanno resistito in questi anni ad ogni genere di difficoltà: da quelle competitive alle pratiche di dumping concorrenziale, da una legislazione largamente iniqua alla fiscalità che è stata invasiva e onnipresente.
Ma questo patrimonio- così utile, sino a diventare necessario- a disposizione del paese non deve essere posto nelle condizioni di arretrare su posizioni marginali, ma messo nelle condizioni di svolgere un ruolo attivo nelle politiche inclusive, di valorizzazione della vivibilità non solo delle città ma anche dei territori disagiati, con politiche pubbliche di sostegno ed incentivi. L’alternativa è lo svuotamento dei contenitori sociali di quelle funzioni primarie allo svolgimento delle funzioni di base del vivere sociale che è la cifra dell’esistenza umana.
In momenti critici come questi, si può apprezzare il servizio insostituibile delle piccole imprese di distribuzione, soprattutto di quelle che svolgono funzioni primarie di rifornimento di prodotti di prima necessità: soprattutto nelle aree disagiate e isolate.
Si riprenda, dunque, il progetto di legge di sostegno agli esercizi commerciali di vicinato che svolgono funzioni commerciali primarie, come quelle della distribuzione dei prodotti alimentari essenziali. Allo steso tempo si ripensino le politiche di razionalizzazione selvaggia nella sanità, nei servizi pubblici essenziali e nei tagli alle politiche di sostegno alla sussidiarietà.
“In questi giorni i nostri esercizi- dice Gianpaolo Angelotti, Presidente nazionale Fiesa Confesercenti – sono tornati al centro delle scelte delle famiglie, per comodità, per la freschezza dei prodotti, per i servizi. Svolgiamo il nostro lavoro come sempre, anche in condizioni difficili e senza che le autorità ci abbiano fornito mascherine o altro, con entusiasmo e professionalità in mezzo alle mille difficoltà e alle tante scadenze di un fisco oppressivo e una burocrazia spesso ottusa, che ci impedisce di fare il nostro lavoro con serenità. Auspichiamo che questo triste momento per il paese passi in fretta e si torni alla normalità, avendo imparato qualcosa da questa emergenza. Siamo vicini alla popolazione e partecipiamo con senso di responsabilità alle scelte e alle indicazioni fornite dalle autorità a cui assicuriamo il massimo sostegno, aderendo convinti agli indirizzi che la dirigenza nazionale Confesercenti sta trasmettendo al Governo.”