Siamo in presenza di una nuova deriva comunitaria sui prodotti simboli del made in Italy
L’Unione europea con il Piano d’azione per la lotta al cancro, l’Europe’s Beating Cancer Plan, dimostra ancora una volta di non avere il quadro dei consumi alimentari dei paesi comunitari. Equiparare prodotti e consumi che hanno strutture di consumi e abitudini diverse è un esercizio schematico e dannoso per i paesi membri. E’ quello che accade con la presentazione del Piano d’azione per la salute dei cittadini europei elaborato dalla DG Sante e presentato dalla Commissione.
“I criteri assunti alla base delle raccomandazioni europee, ossia prevenzione, promozione di stili di vita salutistici e sensibilizzazione verso i fattori di rischio – ha detto il Presidente di Fiesa Confesercenti, Gianpaolo Angelotti – non possono essere tradotti in modo semplicistico, trasformandoli in un attacco alla storia e alla tradizione dell’alimentazione europea e del suo vasto patrimonio eno-gastronomico. Si tratta di indicazioni che tendono a cancellare o a gettare ombre devastanti sulla ricca galleria di prodotti tipici, riconosciuti dalla stessa Unione Europea come prodotti a denominazione protetta, di altissima qualità e perciò disciplinati con una legislazione di tutela e valorizzazione. È come se il sistema comunitario fosse andato in tilt. Questo non tiene conto che si tratta di risultati ottenuti grazie al lavoro di generazioni che hanno affinato tecniche di produzione e di trasformazione per giungere a livelli di eccellenza. Pensare di mettere sulle etichette del vino claim come quelle evidenziate sul tabacco è una pura follia. Altra cosa sono l’educazione alimentare e motoria, che noi chiediamo vengano insegnata anche nella scuola primaria, e il consumo responsabile, che abbiamo sempre promosso verso la clientela. Né si può ipotizzare neanche lontanamente di mettere sullo stesso piano il consumo dei superalcolici con quello del vino o i consumi alimentari di carni che per struttura sono diversi da paese a paese.”
Portare poi queste indicazioni sul piano delle politiche attive, inasprendo il fronte dell’imposizione fiscale e dei prezzi sui prodotti oggetto della segnalazione produrrebbe danni incalcolabili al settore vitivinicolo, in grande difficoltà per le restrizioni all’export, e a quello delle carni, già interessato da una forte ridefinizione della mappa dei consumi in diversi mercati interni dell’unione europea.
L’obiettivo dell’UE sembrerebbe quello di ridurre i fondi per la promozione dei prodotti vitivinicoli, di carne, e di carne lavorata attraverso l’introduzione di messaggi di “allarme per la salute sulle etichette” e di ridefinizione dei programmi di promozione per i prodotti agroalimentari associati “ai rischi di tumore” come le carni rosse e trasformate.
Per Fiesa si tratta, come più volte evidenziato, di rischi segnalati sulla base di strutture di consumi non omogenei all’interno stesso dell’UE, sia per quanto riguarda le carni che il vino. L’Italia è lontana dai consumi pro-capite dei superalcolici con cui si confrontano alcuni paesi europei così come anche per quanto riguarda i consumi delle carni. Ancor di più da quelli di altri paesi come gli Stati Uniti. Misure schematizzate calate dall’alto non premiano il lavoro delle imprese e delle filiere interessate che in alcuni paesi europei hanno fatto, in materia di selezione della qualità primaria, di ottimizzazione dei processi produttivi di trasformazione, di ottenimento di prodotti eccellenti e di consumi consapevoli, un grande lavoro. Una scelta questa che contraddice l’obiettivo primario delle politiche agricole europee di premiare con denominazioni protette il grande patrimonio eno-gastronomico del vecchio continente.
Importante è invece consolidare la cultura della qualità dei prodotti agroalimentari e associare ad essi programmi di sostegno al consumo consapevole e all’educazione alimentare e ai corretti stili di vita associati all’educazione motoria.
Su questo l’UE potrebbe fare di più senza improvvise demonizzazioni