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Giunta Fiesa, fase 2: fondamentale nessun appesantimento burocratico

Necessari: snellimento procedure di sostegno, finanziamenti a fondo perduto e periodo di fermo fiscale


La Giunta nazionale Fiesa riunita in modalità video conferenza il 22 aprile ed ha affrontato i temi dettati dall’emergenza Coronavirus, facendo il punto sullo stato di crisi del paese e del settore commerciale e alimentare, delle ipotesi di ripartenza, delle criticità degli interventi messi in campo dal Governo sia sulle misure di welfare che su quelle del credito alle imprese.

Nell’introduzione il Presidente Angelotti ha richiamato l’attenzione sulla generale crisi che sta attraversando il Paese per contestualizzare il momento di grave difficoltà delle imprese commerciali, con la fase due della ripartenza che si avvicina tra mille incognite. Il quadro economico delle aziende commerciali è peggiorato, anche quelle di alcuni settori dell’alimentare, come quelli della panificazione e dei laboratori di vicinato alimentare. Se la ripartenza si avvicina oltre un terzo delle aziende non sanno se ripartiranno e le ipotesi di allungamento del lockdown fa ulteriormente peggiorare la fiducia delle imprese sulla capacità di riapertura, con alcuni settori che immaginano di chiudere definitivamente le attività.

In questo contesto, la Giunta nazionale Fiesa, dopo ampio e partecipato dibattito, in relazione alla grave emergenza sanitaria che sta attraversando il paese e alla auspicata road map di riapertura, ha auspicato per il settore alimentare, che  ha già sperimentato le misure di sicurezza imposte dalle autorità, garantendo il servizio di rifornimento alimentare delle famiglie nella fase più acuta della pandemia, attuando le misure igienico-sanitarie espressamente raccomandate, l’accoglimento delle seguenti osservazioni e misure:

  • la questione dell’accesso al punto vendita, che deve essere regolamentata con buon senso tenendo conto che le PMI del commercio alimentare di vicinato sono generalmente ricomprese nella fascia dai 30 ai 150 mq., con una importante fetta di nuove aziende nate nei centri storici, dove come è noto gli spazi sono assai ristretti, oltre che costosi. Applicare le disposizioni così come sono equivale a far chiudere tutto il tessuto delle nostre micro aziende alimentari che non avrebbero l’economicità necessaria alla gestione di tali esercizi; occorre, dunque, elasticità rispetto al rapporto mq/persone, anche in ragione della regola generale di distanziamento di 1 metro, tenuto conto della ridotta dimensione degli esercizi di vicinato e che questi esercizi hanno funzionato, e bene, durante la fase più acuta della crisi; non apportare modifiche alle regole osservate sin qui!;
  • la questione della garanzia di pulizia e igiene ambientale frequente ed in funzione dell’orario di apertura: tali misure debbono necessariamente rientrare ed essere ricomprese nelle misure di sicurezza e igiene già contemplate dai piani Haccp, all’interno del quadro normativo di riferimento già in vigore in materia igienico-sanitaria, senza ulteriori oneri. Si segnala che già ditte specializzate nella sanificazione dei locali e delle attrezzature stanno  bombardando di proposte i nostri associati con costi che ove applicati sarebbero insostenibili;
  • il credito, nonostante le azioni sbandierate dal Governo, non sta funzionando neanche sulla misura  dei 25 mila euro. Occorre semplificare ed omogeneizzare; le procedure con tempi certi e garanzia dello Stato e restituzione in 10 anni;
  • sulle misure di welfare e di cassa integrazione si registrano ritardi; nella produzione artigiana, panificatori e laboratori, rimane la gabella pretesa da FSBA per l’accesso alle misure di cassa integrazione;
  • rendere disponibili con un canale privilegiato i DPI per le imprese del commercio;
  • intervento deciso di cancellazione per le utenze e i tributi locali per il periodo di chiusura;
  • questione della responsabilità del datore di lavoro in caso di contagio del lavoratore fuori dall’azienda in cui la circolare Inail del 13 aprile ha introduce un principio pericoloso circa la presunzione semplice del nesso lavorativo nel caso in cui un lavoratore si ammali di covid-19 con conseguente rivalsa di Inail sulla azienda. È una previsione inaccettabile. Esclusione della responsabilità per i titolari delle aziende, data l’impossibilità di certificare il luogo del contagio;
  • fermo e azzeramento fiscale per tutto il 2020;
  • finanziamento a fondo perduto per i mesi di chiusura;
  • misure di sostegno per gli affitti, proroga del credito d’imposta.

Gli intervenuti hanno sottolineato che le misure sanitarie per la ripartenza del paese  debbono fare riferimento alle condizioni operative che hanno garantito la funzionalità degli esercizi commerciali nella fase più dura dell’emergenza  che non  vanno appesantite da ulteriori oneri strutturali e/o di procedure con conseguenti nuovi costi per le imprese, perché sarebbero insostenibili ed equivarrebbero alla condanna alla chiusura per centinaia di migliaia di piccole aziende a conduzione familiare e per il loro indotto.